Oikos 2024
le residenze
L'ultima parola
primo studio in due tempi
Barletti/Waas, noti per i loro lavori intensi, spesso bilingui, su Handke, osano mettere alla prova, attraverso due testi dei grandi maestri Beckett e Handke, un personaggio (il Krapp de “L’ultimo nastro di Krapp” di Beckett) e una persona (la donna senza nome di “Finché il giorno non ci separi” di Handke). La recitazione incontra la performance, il passato incontra il presente, il ricordare incontra il sentire, una pausa artistica incontra una pausa di riflessione, la ripetizione incontra l’imprevedibilità dell’adesso.
Il pubblico assiste allo svelamento di mondi completamente diversi, di uno spazio interiore e segreto dove i confini tra falso e reale si confondono. Ne nascerà un duetto? O un dialogo a distanza? O due monologhi chiusi ognuno nel proprio spazio? E chi avrà l’ultima parola? L’attore di Beckett o la donna senza nome di Handke?
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ispirato a “L’ultimo nastro di Krapp” di S. Beckett e “Finché il giorno non ci separi, ovvero una questione di luce” di P. Handke
con Lea Barletti e Werner Waas
regia Barletti/Waas
sound design e musiche originali Luca Canciello
consulenza luci Pasquale Mari
scena Ivan Bazak
produzione Barletti/Waas, TPE, Teatro della Tosse, Florian Metateatro
Cléone
Una favola moderna con 7 corpi e 7 voci che ridono, gridano a gran voce le loro aspirazioni, i loro sogni, le loro paure, la loro poesia. Cléone è un corpo che resiste e che parla a modo suo. Una voce senza età che abbiamo smesso di ascoltare, un corpo senza confini che abbiamo tormentato ma che danza la sua profonda libertà.
“Signori, signore, saremo tutte e tutti marron, ovvero latitanti. Schiavi in cerca di riscatto. Vorremmo condividere con voi l’idea di un’umanità praticabile. Dove danzare e cantare sono le nostre uniche armi. Abbiamo così tanto bisogno di emancipazione.” Marron proviene da una parola antillana, Cimarrón, che significa «freccia che cerca la libertà». Questo è il nome che gli spagnoli avevano dato al toro che fuggiva in montagna e in seguito la parola è passata anche in altre lingue (chimarrão, maroon, marron, marronne) per designare lo schiavo che, in tutti i paesi d’America, cerca rifugio nelle foreste, nelle paludi, nelle gole profonde e che, lontano dal padrone, costruisce una casa libera e la difende”.
Il messaggio di Cléone e i suoi compagni non è un messaggio, è un fatto. “Sono realtà”, dice “Sono combattente, ballerina, cantante e musicista sugli scalini dei vostri palazzi. Domani, torno a vivere. Domani, sarà luce.”
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a cura di Giovanni Orlandi e Patrick Duquesne
un progetto internazionale di Compagnie du Campus (Belgio) e Collectif Libertalia (Belgio)
con la collaborazione di Arca Azzurra (Italia)
con Elisa Bagni, Marco Bogheresi, Aurelie Camil, Marine Haelterman, Samuel Osman, Céline Spicy, Fernando Zamora
regia Patrick Duquesne
DVDM - Deve Venire Dal Mare
DVDM si muove sul filo dell’opera di d’Arielli che ha dato voce al corpo di Di Rienzo prefigurando un paesaggio organico, danzante, atletico e liquido, è la storia di un incontro e di un ritorno e una danza che scivola attraverso i corsi d’acqua d’Abruzzo. In questa occasione Silvia Di Rienzo apre il suo progetto di ricerca per spiegare com’è nato e verso dove sta andando: “La mia terra prende forma dentro di me come una geografia vivente” – spiega Silvia – “attraverso un movimento di ritorno, reale o immaginario, tanto arcaico quanto universale in cui il corpo, la danza e la pratica del movimento diventano luoghi di reinvenzione semantica”.
SILVIA DI RIENZO (Pescara, 1977), danzatrice e coreografa, si è formata a Pescara, Roma, Bruxelles, Londra e Parigi in danza moderna e contemporanea, improvvisazione e composizione istantanea. Ha studiato lettere all’Università La Sapienza di Roma, specializzandosi in Arti dello Spettacolo, e ha lavorato in Italia come interprete per coreografe e coreografi come Anouska Brodacz, Claudio Ioanna, Annarita Pasculli e Sacha Ramos. Vive e lavora a Parigi dal 2003, dove ha fondato La Comapagnie C&C.
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performance di Silvia Di Rienzo
ispirata all’opera dell’artista Daniela d’Arielli
con una composizione originale di Flavia Massimo
Diva all'Opera - gorgheggi e agilità per voce e grammofono
La grande diva di opera lirica Tea della Tresibonda sogna di esibirsi in un teatro all’italiana circondata da duchesse, conti e marchesi. La realtà è un po’ diversa ed infatti ad accompagnarla nel recital che propone al suo pubblico, non è un elegante pianista ma uno sgangherato grammofono a tromba dal nome Edoardo Ingranaggi. Tra decelerazioni, sovrapposizioni di dischi, aneddoti improbabili, medley delle piu incredibili arie d’opera e grazie alla fondamentale partecipazione del pubblico, si arriverà ad un catartico cambio di stile. Uno spettacolo adatto a tutte le età che gioca con i cliché dell’opera lirica toccando la delicatezza e la comicità dei desideri umani.
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Compagnia Can Bagnato // Le Radiose
di Valentina Musolino ed Emanuela Belmonte
Un uomo leggero
Lo studio parte dall’arte performativa e il teatro per approfondire il linguaggio del clown partendo dalla tradizione per aprirsi al sentire contemporaneo. L’idea è quella di realizzare uno spettacolo ispirato al famoso romanzo teatrale di Aldo Palazzeschi Il codice di Perelà, partendo dalle donne che in esso compaiono; un lavoro concepito sia per spazi teatrali – “scatola nera” – sia per spazi non convenzionali. Al centro il corpo dell’attrice, il costume, la truccatura e un piccolo allestimento di luci e sonoro dal sapore Varietà futurista, divertente, irriverente, drammatico, patetico.
Cos’è Il codice di Perelà? Un romanzo, un testo teatrale, una favola, una parabola? È un’opera complessa che racchiude in sé tante sfaccettature e lascia spazio a molte interpretazioni. Sara Gagliarducci fa sue le parole di Aldo Palazzeschi “Io metto una lente / davanti al mio cuore / per farlo vedere alla gente. / Chi sono? / Il saltimbanco dell’anima mia.”
Sara Gagliarducci, artista aquilana attiva dal 2001, dopo un’importante esperienza di teatro di gruppo, nel 2015, scelglie di proseguire la sua strada autonomamente. Nel 2020 è fondatrice con Valentina Nibid del TeatroVagante che porta il teatro di comunità e l’arte performativa in paesi spopolati fuori dai circuiti turistici e dei festival realizzando un diario di viaggio condiviso.
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progetto vincitore del bando Obiettivo Abruzzo
di Sara Gagliarducci
La grande storia. Aterno Castellammare, Pescara dalle origini al 1926
Così Licio di Biase ci introduce al suo video documentario: “In questi anni di ricerche e di appassionato lavoro di ricostruzione della storia della nostra città mi sono imbattuto in considerazioni che mi hanno indotto sempre più ad insistere in questo lavoro. “Per una comunità non avere la consapevolezza del proprio passato è come vivere senza anima”, come scriveva il sindaco di Pescara Mario Muzii il 13 novembre 1948 a Luigi Polacchi, in occasione del centenario degli avvenimenti risorgimentali del 1848.
Queste parole di Muzii e di altri pescaresi, mi hanno profondamente segnato nel percorso di attenzione alla storia e alla memoria della città di Pescara, ma poi il colpo definitivo me lo ha dato Giorgio Manganelli col suo articolo “Pescara non ha rughe”, ovvero, non ha le testimonianze del tempo. Certo, non ha le testimonianze del tempo, ma ha una ricca e importante storia e quindi mi sono ulteriormente attivato a ricercare fonti, notizie, dialogando e confrontandomi con vari studiosi e appassionati per smentire Manganelli, ovvero per ritrovare le nostre rughe. Come dire: io ci sono, io esisto! Leone Tolstoj forse avvertì già questo bisogno quando scrisse: “Se vuoi essere universale, parla del tuo villaggio”. Il senso del video documentario “La grande storia: Aterno, Castellamare, Pescara dalle origini al 1926”.
RINGRAZIO per tutti Mila Cantagallo, ma ci sono poi tanti amici che hanno collaborato, dal regista Stefano Falco, alle voci narranti Milo Vallone e Rossella Micolitti, a Marco Felicioni per le musiche, a Maurizio Lepore e ai suoi collaboratori per il 3D, a Mimmo Sarchiapone e a Saverio Di Donato per disegni e immagini, a Nicola Di Nardo e a tutti gli altri amici che a vario titolo hanno contribuito alla realizzazione. E naturalmente il Florian Metateatro che ci ospita e che è presente nel video con un cameo dal suo spettacolo site specific “Bagno Borbonico”. Licio Di Biase
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ideato e sceneggiato da Licio Di Biase
regia Stefano Falco
Oikos_residenza per artistə
direzione artistica Giulia Basel, Massimo Vellaccio // staff Emanuela D’Agostino, Cecilia Buccioni, Umberto Marchesani, Alessandro Vellaccio, Cristiana Di Giovanni // collaborazione tecnica Fabrizio Pronio // ufficio stampa Anna Paola Vellaccio // coordinamento comunicazione Chiara Sanvitale // foto e social media Mara Patricelli // responsabile video Alessio Tessitore // progetto grafico Clarice